Last Updated on 23 Gennaio 2019 by Micaela

Capita che sei una ragazza capace, intelligente, istruita e ambiziosa.
Capita che trovi il lavoro dei tuoi sogni, capita che ti impegni, che cerchi di superare gli stereotipi di genere lavorando il doppio per dimostrare le tue capacità e il fatto di meritarti quel ruolo.
Capita che fai carriera, che ricopri un ruolo prestigioso e che ti senti soddisfatta esattamente in quelle vesti.

Poi capita che ti innamori dell’uomo giusto, capita che tutto si incastra come deve incastrarsi e capita che rimani incinta.

Senza biglietto da visita – la storia

senza biglietto da visita

Da lì, il tuo mondo si rovescia letteralmente.
Quello che prima era prioritario, perde di valore. Capita che il tuo primo pensiero è sempre rivolto a tuo figlio, quell’essere che dipende in tutto e per tutto da te. Capita che vuoi essere coinvolta nella sua vita e non parcheggiarlo per ore da qualche parte o affidarlo alle cure di estranei.
Capita che i tuoi sensi di colpa ti sovrastano quando sei lontana da lui e non riesci a concentrarti e ad essere più “quella di una volta”.
Ma tu non sei più quella di una volta, sei cambiata dall’interno, ti è cambiata la mente, il modo di pensare e di agire.
Cambiano al tempo stesso le tue abilità, riesci a fare cose che prima sognavi soltanto di fare o non ne eri affatto consapevole, in realtà acquisti in “empowerment” e nemmeno lo sai!
E ti senti che ti stai perdendo pezzi della tua vita, della sua vita e della vita della famiglia che ti sei creata.
Senti che non riesci a fare bene nulla: nè la manager, nè la mamma, nè la moglie. Sei tutto a metà. Nulla di completo.
Al tempo stesso non ti senti “solo” mamma, sei altro, ti senti viva e felice anche se fai dell’altro. L’eterna lotta interiore non ha pace.
E sei infelice e frustrata, alla disperata rincorsa per ultimare qualcosa della lista di cose da fare della giornata.

Hai perso il senso del “qui e ora”. Hai perso totalmente il centro. E, quel che è peggio, non riesci a trovarlo.

Devi ritrovare il tuo centro

Allora capita che rivedi il tutto. Capita che ritorni in te stessa e capisci che non è che non sei più capace a fare le cose che facevi prima, semplicemente non VUOI più farle, soprattutto non vuoi più farle assecondando le regole maschiliste e misogine che il mondo del lavoro impone e a cui tu stessa ti eri modellata.
Vuoi rompere questa catena. Non riuscendo a farlo dall’interno del sistema, capisci che uscire fuori da quella catena malata è l’unica via d’uscita per te e per le persone a te più care.

E’ così che Silvia si rimette in gioco, capisce che tutte le sue conoscenze e la sua esperienza non sono state vanificate dalla maternità, anzi. Sono state potenziate, tanto da poterle permettere di fare il grande salto, di mettersi in proprio.

senza biglietto da visita1

Questo di certo non significa avere una vita in discesa, tutt’altro. Rischi da intraprendere, responsabilità maggiori da assumersi, guadagni non costanti, lavoro da procacciarsi da sola, nottate a lavoro. Insomma, nulla è semplice.
Ma è quello che lei ha scelto per se stessa, senza assecondare nessuno e senza sottostare a quello che gli altri si aspettavano da lei.

E’ la sua vita. La sua perfetta dimensione. Il suo equilibrio.

Questo romanzo è un pezzo di storia di tutte noi mamme lavoratrici.
Questo romanzo mette nero su bianco tanti dei pensieri che ogni mamma lavoratrice fa e che magari non rivela a nessuno, perchè si sente in quel momento sovrastata dal senso di inadeguatezza in cui è sprofondata. Come nelle sabbie mobili.
Questo romanzo scorre via come una coccola, la sera, prima di addormentarsi, in queste pagine ti senti compresa, riesci a chiarire alcuni pensieri che hai sempre fatto in maniera confusa, ma li hai sempre sentiti tuoi, riesci a metterli in fila e riordinarli. Insomma, in questo romanzo, ci sei dentro anche tu. Anche io. Tutte noi, insomma.
Se la società non si modella a nostro piacimento e alle nostre esigenze, trovare le risorse per far sì che comunque si trovi un equilibrio, qualunque esso sia, è fondamentale. E pensare che siamo noi, quelle sbagliate, quelle che perdono colpi, quelle che non sono più capaci e adeguate è sbagliato. Sbagliatissimo. Se lo pensiamo, assecondiamo quel sistema marcio. Non dobbiamo dimostrare più degli altri, dobbiamo dimostrare esattamente quanto gli altri, non una virgola di più.

Senza biglietto da visita, di Veronica Viganò. Adoro.

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