Last Updated on 17 Giugno 2017 by Micaela

In rete esiste una giungla di mille consigli su come calmare il bambino, su come aiutarlo a prendere il ciuccio e poi a toglierglielo… e come per il ciuccio, per qualsiasi altra cosa: dal pannolino, allo svezzamento, all’introduzione al nido, al come abituarlo a mangiare un determinato tipo di alimento, al come aiutarlo a dormire da solo, eccetera…
Tutti validi consigli, ben inteso, tutti da calare nella propria situazione, rispetto il proprio bambino, tutti da modellare e da fare propri, mettendoci del proprio, perchè non è che sono delle istruzioni per un elettrodomestico.
Sono tutti suggerimenti che accrescono chi legge, che magari mostrano un altro punto di vista mai considerato, e già questo è un punto vincente per tutti, il più delle volte si tratta di consigli dettati da un vissuto, da una esperienza, quindi validi.
Ma.
Ma potrebbe essere che in questa giungla di consigli, un genitore, soprattutto se alle prime armi, si possa sentire disorientato, bombardato da mille informazioni e che non sappia discernere e prendere una posizione, capire cosa è meglio fare: “così si fa, così non si fa, se fai in questo modo non va bene, non sei un buon genitore, se fai in un altro modo invece sei il genitore perfetto…” e così via.
Magari non viene detto in maniera esplicita in questo modo, ma lo si fa capire, con velati giudizi della controparte, di chi non la pensa come noi.
Ecco. Questo è il punto di inizio della serie di sensi di colpa e di sensi di inadeguatezza in cui un genitore può piombare e da cui è difficile rialzarsi e riprendersi.
Ci sono cascata anche io, all’inizio della mia avventura da mamma: non ho allattato per molto tempo e giù a giudicare questo, ho portato presto i miei bimbi al nido, e giù a giudicare anche questo, ho vaccinato i miei bimbi, e via a giudicare e potrei andare avanti all’infinito.
Tra i vari argomenti di giudizio c’è lui: IL CIUCCIO.
Il male dei male, il peggiore di tutti i mali, il demonio, il punto di non ritorno.

Fa malissimo: all’allattamento, ai dentini, alla dipendenza, al linguaggio, all’autonomia del bambino… Senza considerare il fatto che se usi il ciuccio non sei una buona mamma, sei una di quelle che userà poi la tv come tata, che farà ingozzare i bimbi a Mc Donald’s, che non preparerà con le proprie sante manine le merende e ricorrerà alle “schifezze” del supermercato, insomma, come per dire che se si usa il ciuccio non solo si è dei pessimi genitori, ma si vuole il male del bambino.

E se poi dici che partecipi anche ad un incontro con Chicco per parlare di suzione, ti ritornano indietro commenti in cui è chiaro che la Chicco sia favorevole all’uso del ciuccio, “Che vuoi che ti dicano, loro?!”.

No. Non è stato così.

<h2″>Insomma, cosa bisogna sapere per usare bene il ciuccio?

Durante questo incontro con l’Osservatorio Chicco e con Tata Francesca sono emersi punti che mi hanno fatto apprezzare molto questo tipo di approfondimenti:
  • Non forzare il bambino se non vuole usare il ciuccio: rispettare innanzitutto le sue esigenze, si può usare il ciuccio, ma anche no.
  • Non introdurre l’uso del ciuccio se l’allattamento non è stato ben avviato e soltanto dopo cominciare a proporglielo, ma mai intinto in sostanze edulcoranti (miele, zucchero…) perchè, non solo fanno male nei bimbi piccoli, ma perchè il bimbo deve ben comprendere che il ciuccio non è fonte di alimento, ma è “altro”: per mangiare c’è il seno materno o il biberon, non il ciuccio
  • Il ciuccio non interferisce con il linguaggio del bambino, se correttamente utilizzato e se eliminato nei momenti in cui non serve (gioco, interazione con gli altri, etc.)
  • Il ciuccio non rovina i denti, se correttamente utilizzato (scelta del ciuccio opportuno in base all’età del bambino ed eliminazione del ciuccio tra i 24 ed i 36 mesi del bambino).
Ecco, quello che è emerso è: non è il ciuccio che “fa male”, come si sente dire spesso in giro, ma ne è l’uso sbagliato che potrebbe contribuire a determinare alcuni problemi.
E sicuramente, alla base di tutto c’è l’ascolto. Tata Francesca è stata categorica su questo: Ascoltare il bambino, imparare a capire le sue reali necessità: il pianto è diverso se si tratta di fame, sonno, fastidi, dolore o altro. Proporre il ciuccio solo quando è necessario significa non darlo quando la necessità non è quella opportuna come ad esempio nel momento pre-nanna, ad esempio.
E sicuramente, il ciuccio si può eliminare e si può evitare di usarlo se si usa la calma.
E’ fondamentale la calma della mamma: se il bambino avverte intorno a se un’atmosfera di tranquillità e rilassatezza, allora, forse per osmosi (chissà!?), piano piano si calma.
Può capitare, poi, che è proprio l’uso del ciucco che molto spesso calma la mamma (come nel mio caso, che entravo nel panico quando non si riusciva a trovare il ciuccio nel raggio di 50cm ed i bimbi avvertivano questo mio stato d’ansia), allora il bimbo troverà pace soltanto alla vista del proprio ciuccio.
La calma, è la parola d’ordine: sia per l’uso del ciuccio, sia per l’eliminazione dello stesso e sia per tutto il resto.
Come dire, che con la calma si ottiene tutto… bhè, più o meno.
Domanda per #inviaggioconChicco: Sarebbe opportuno, a questo punto, se non esiste già, pensare di diffondere una guida sul corretto utilizzo del ciuccio? Questi incontri, sono un valido punto di partenza e soprattutto, partecipare con la mente aperta e valutare quel che viene detto con spirito quanto più obiettivo possibile sono la chiave di svolta per diventare, non dei genitori perfetti, ma quantomeno “efficaci” (come dice Tata Francesca).

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2 pensiero su “Imparare a usare bene il ciuccio: ci vorrebbe una guida!”

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