Last Updated on 17 Giugno 2017 by Micaela

Parliamo tanto di educazione emotiva per i bambini: ci si affanna ad insegnare loro a riconoscere le emozioni e a tradurle in parole, a saperle esprimere.
Ed è bellissimo. Davvero. E’ un lavorone che merita di essere sottolineato e la cui importanza va evidenziata sempre.

Ma noi? Noi sappiamo riconoscere la base dei nostri sentimenti e delle nostre sensazioni quando le proviamo? Oppure ci limitiamo a cogliere l’ultima e più evidente emozione che esce fuori?

Mi spiego.
Nel corso di genitorialità che sto seguendo, ci stiamo focalizzando ora nel cercare la nostra area problematica, ovvero quello che a me, in quanto genitore, crea un problema, quello che io non ritengo accettabile, tollerabile, per poter poi capire il mio raggio d’azione.
Per fare questo, però, bisogna comprendere i sentimenti veri che si provano quando accade quel qualcosa che mi da così tanto fastidio. E magari, sarebbe ancora meglio riuscirne a capire le motivazioni di questa reazione, ma questo è un più, questo corso non si pone come obiettivo quello di capire il motivo dei miei problemi, ma vuole aiutarmi a trovare un modo per esprimerli, per evitarli e per, auspicabilmente, risolverli.
Bene.
Ho cercato di mettermi in contatto con la mia “pancia”, ovvero con le emozioni, scrollandomi di dosso il razionale che c’è dietro, cercando di non pensare ad altro e immergendomi nello stato d’animo in cui mi ritrovo quando accade qualcosa che per me è un vero problema.
Ci ho riflettuto.
Ed ho tirato fuori soltanto che quel sentimento era identificabile con la rabbia.
Rabbia…
Tutto qui?
Non riesco a dare un nome ai diversi tipi di fastidio che provo in quegli istanti?
Soltanto rabbia?
No, dai, il mio vocabolario è leggermente più fornito. Potrei tirare fuori altro. Ma niente, non riesco ad entrare in contatto con me stessa. Non riesco a tirare fuori dell’altro.
E’ questa la mia vera difficoltà. E’ proprio questa.

rabbia punta dell'iceberg

Cosa c’è sotto la punta dell’iceberg?

Saper individuare e riconoscere il sentimento di origine della rabbia, per me, è difficilissimo: necessita di un isolamento della mia mente che non riesco a trovare. Non riesco a vedere sotto. Mi fermo a quello strato fatto di un groviglio di confusione interiore a cui do banalmente il nome di rabbia. Rabbia. Che poi, in realtà è anch’essa stessa un effetto dello stato d’animo che non riesco a riconoscere, non è come mi sono immediatamente sentita quando ho vissuto il momento problematico. Mi dovrei riuscire a mettere in pausa in quell’istante immediatamente prima dell’insorgenza della rabbia.
Praticamente impossibile.
Sotto quell’iceberg ci sta tanto: c’è delusione, frustrazione, stanchezza, incomprensione, orgoglio, dolore, tristezza, paura…
In pratica, la rabbia è solo la punta dell’iceberg, è quello che emerge, è ciò che è più visibile, ma sotto c’è un mondo sommerso che deve essere riconosciuto.
Come faccio a tirarlo fuori? Come si fa a focalizzare quello che sta sotto l’iceberg?

Da fare

Provo a fare come mi è stato suggerito: devo scrivere nero su bianco. Situazione esatta, senza fronzoli e senza giudizi, come se fosse una fotografia. E poi fotografare il mio stato d’animo e andare alla ricerca di ciò che sta sotto l’iceberg.
Ci devo riuscire.

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Un pensiero su “Rabbia: punta dell’iceberg”
  1. leggere il tuo blog e sempre interessante, ma tu come fai con tre figli?io purtroppo mi scontro moltissimo con la prima, ha un carattere terribilmente scostante e non sembra mai contenta e mi sale una rabbia, ma una rabbia che non ti dico e purtroppo urlo alla grandissima, molto piu di quanto vorrei…..mi piacerebbe avere il terzo figlio ma la paura che possa assomigliare alla prima mi blocca, che tristezza….come se fosse colpa sua, cosa che ovviamente non e….

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