Last Updated on 11 Giugno 2022 by Micaela

Incuriosita dal musical riportato in auge da Steven Spielberg, ho letto il libro West Side Story, del 1961, scritto da Irving Shulman, autore e sceneggiatore di svariati lavori cinematografici tra gli anni ’50 e ’60.

Il romanzo ispirato al musical

Shulman racconta la storia di un amore tra due giovani, tragicamente contrastato dai rispettivi gruppi di appartenenza. Il loro è un rapporto che mette in seria crisi un equilibrio già traballante degli abitanti della città.
Infatti, nella periferia degradata di New York, il territorio è spartito tra i vari gruppi di immigrati. Da una parte ci sono i portoricani, dall’altra gli europei. Ciascuno arroga il diritto di avere il controllo del quartiere, ridotto quasi in cenere dalle nuove politiche cittadine.

Il libro West Side Story come esempio di spazio e politica

E qui, tra le pagine di questo romanzo, lo spazio diventa il protagonista. Lo spazio è ciò che determina il futuro delle persone, quel che possono diventare, quel che possono fare. Lo spazio è politica, nel significato più stringente del termine.
Lo spazio costringe, rinchiude, toglie possibilità, modella le persone senza dare alternativa a meno che non siano le persone stesse, da dentro, a voler cambiarne le regole. E non è sempre detto che ci si riesca anche in quel caso, come dimostra infatti la storia dei due.

Se nel musical la storia d’amore è al centro del racconto, insieme alle coreografie e alle musiche ormai entrate nella testa di tutti, qui è la denuncia del degrado e dell’abbandono della gioventù che si alza come un urlo assordante.

Se pensate che il musical svisceri tutti gli aspetti di questa storia, vi manca un pezzo.

Il libro è edito da Magazzini Salani.

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