Last Updated on 3 Marzo 2023 by Micaela

Sono arrivata al punto di poter cominciare a delineare un bilancio del percorso alla scuola di inglese che ha intrapreso Massimo da ormai 3 anni a questa parte.
Si tratta della scuola di inglese Kids & Us di Roma Eur.

Corso di inglese per bambini

Massimo ha iniziato che aveva 7 anni. Per il metodo utilizzato dalla scuola, Massi aveva raggiunto quasi il limite massimo di età per entrare. Sì, perchè il metodo è quello del natural english, ovvero quello per cui si apprende in maniera naturale una lingua sin dalla primissima infanzia, dapprima con il semplice ascolto, poi con l’emulazione e la formulazione di parole slegate, per poi passare a frasi elementari, fino ad enunciare frasi più complesse. Esattamente come succede quando un bambino impara a parlare in maniera naturale, assecondando quindi la maturazione e la crescita delle competenze del bambino.
Insomma, con Massimo eravamo arrivati per un pelo in tempo, oltre quell’età il metodo non è del tutto efficace come se si iniziasse già dal primo anno di età.

Le diverse fasi del percorso scuola di inglese

Da quel momento il percorso di Massimo ha attraversato diverse fasi.

Inizialmente portarlo a scuola di inglese era frustrante: lui non voleva andarci, si sentiva intrappolato in un’attività che non voleva proprio fare. Non gli interessava stare a lezione, si annoiava, trovava le attività proposte ripetitive e poco invitanti, al contrario dei suoi compagni di corso. Cominciavo così a pensare che si trattasse di un problema particolare che avesse Massimo nei confronti della lingua nuova, delle attività non proprio alla sua portata e, come fanno tutte le mamme, ero arrivata a pensare che ce l’avesse a morte con me. Era tutta colpa mia se l’avevo infilato in questo percorso che a lui non piaceva affatto. Così i dubbi mi attanagliavano sempre più possenti. Siamo abilissime noi mamme a renderci la vita ancora più complicata di quanto già non lo sia naturalmente, no?
A volte le cose andavano un filo meglio e mi riprendevo un po’, ma la sua chiusura era quasi totale. Avevo cominciato a scendere a compromessi in tutti i modi, pur di superare i suoi capricci: “Se vai a lezione oggi, ti compro cinque pacchetti di figurine dei calciatori”, “Se ascolti la traccia, ti dò il biscotto al cioccolato che ti piace tanto.”, “Se ti infili subito le scarpe, che siamo in ritardo per la lezione di inglese, giuro che non ti brucio la PS…” e così via. Era tutto molto faticoso. Ma tenevo duro, sperando che prima o poi sortisse i suoi effetti, come per magia.

Durante il corso degli ordinari incontri con le teacher ho scoperto che Massimo durante la lezione ascoltava incuriosito, ma che partecipava poco. Questa seconda cosa non mi meravigliava affatto, ma mi dispiaceva, questo sì. Possibile che un’occasione del genere dovesse andare sprecata così?
Portavo i miei dubbi e le mie perplessità da mamma ansiogena alle insegnanti. Loro mi ascoltavano con pazienza e capitava anche che mi anticipassero, del resto professionalità ed esperienza non si improvvisano mica. Mi dicevano che Massimo, essendo un po’ più grandicello, era normale che si comportasse in quel modo, tutto era secondo i piani. Prima o poi le cose si sarebbero sbloccate, ma mi chiedevano insistentemente di non mollare, di continuare a credere in lui e nel metodo, di supportarlo come mi dicevano di fare e di tenere duro.

Ogni volta mi dicevo che non sarei di certo stata io a mollare per prima, ma che fatica!
Che.
Grande.
Fatica.
Massimo è un osso duro, signori miei. Come solo i ragazzini di 8 anni sanno essere. Gettare la spugna era la cosa più facile e forse sana (per me) da fare. Ma ho insistito.

Così è iniziato il secondo anno di lezione.
Massimo ha ritrovato qualche faccia conosciuta alla lezione di inglese. Ha cominciato a capire che gli conveniva andare. Un anno era passato, lui era cresciuto, il suo livello di concentrazione nonché di accettazione era aumentato (e meno male!). A tutto questo, bisogna aggiungere che era entrato nel meccanismo, aveva capito come funzionavano le cose, che tutto sommato l’impegno richiesto non era terrificante e che anzi, magari qualcosa si cominciava ad afferrare in maniera automatica.
In questa fase però, i miglioramenti che si riscontravano alla Kids & Us non corrispondevano a quanto accadeva a scuola. Il metodo naturale prevede che i bambini, nei primi anni di scuola di inglese, non imparino a leggere e a scrivere in inglese, ma abituano l’orecchio ad ascoltare le parole, imparano i suoi, imparano a formulare una frase in maniera intuitiva e naturale, appunto. Quindi quando a scuola gli venivano proposte le solite schede in inglese, con il “completa la frase”, “usa il verbo giusto”, etc, non ne azzeccava una.
Portai anche questa questione alle teacher che non si scomposero più di tanto, era un film già stra-noto per loro. Quanti bambini in questa fase capivano parole e frasi, ma non riuscivano a leggere e a scrivere? Tutti. L’ho scoperto in questo momento, in effetti. Del resto, come accade naturalmente: i bambini di pochissimi anni (tipo 3 o 4) non leggono e non scrivono, ma capiscono e parlano in maniera elementare. Ecco, Massimo era nel corrispettivo periodo. Bisognava avere pazienza. L’anno successivo sarebbe arrivata la svolta, ne erano convinte. Non ne ero del tutto convinta, ma lo speravo con tutta me stessa. E mi sono affidata di nuovo alla loro esperienza.

Terzo anno. Massimo cresce. Gli interessi aumentano, è diventato un gamer convinto, la sua confidenza con l’inglese è diventata ormai quotidiana (termini come laggare, quittare, killare, etc… fanno ormai parte del suo gergo), ha capito l’importanza di riuscire a muoversi in questo mondo.
A questo punto il metodo naturale cambia, diventa un pelo più impegnativo: le ore di lezioni si allungano, si comincia a scrivere e a leggere, insomma, si diventa grandi.
Ecco qui che la svolta è accaduta, esattamente come mi avevano previsto.
Ora Massimo capisce frasi semplici, usa un vocabolario pertinente alla vita quotidiana, sa formulare una frase in inglese, insomma, anche lui si rende conto che si è sbloccato un meccanismo nella sua testa che gli permette di capire anche frasi di canzoni, pezzi di dialoghi delle sue serie tv preferite in lingua originale, interviste agli attori che segue.

Bene, molto bene. La fatica, soprattutto all’inizio è stata tanta, ma direi che il giro di boa è stato fatto e ora le cose vanno decisamente meglio, esattamente come dicono anche le teacher che hanno inquadrato Massimo come bambino, come persona, prima che come studente e di questo sono davvero soddisfatta.

E si continua.

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